“Tutti per uno. Tutti contro tutti ovvero come uscire dalle crisi?.”

Sant’Agata de’ Goti 8/ 10 settembre 2011
Piazza Umberto I / Auditorium ex cinema Italia

“Il meccanismo del consenso attraverso la spesa pubblica, attraverso sempre più spesa pubblica, diventa alla lunga insostenibile, specie se per qualunque ragione il ciclo economico rallenta o si ferma per qualche tempo e il sistema produttivo non genera ricchezza sufficiente da consentire un prelievo fiscale crescente, o tale comunque da soddisfare le richieste che fanno la fila davanti allo sportello della politica. È quello che è capitato alle democrazie occidentali (per prima all’Italia) più o meno negli ultimi trent’anni, allorché, inoltre, il grande consolidamento postbellico dei regimi democratici ha voluto dire un’immissione stabile nella cittadinanza dei più larghi strati sociali, di milioni di persone. L’economia reale, insomma, non ha tenuto dietro al costo della democrazia. È a questo punto che le classi politiche sono state costrette a cercare le risorse necessarie ad ottenere il consenso ricorrendo sempre di più all’indebitamento.
Ed è a questo punto, di conseguenza, che «i mercati», cioè la finanza, hanno cominciato a diventare gli effettivi padroni degli Stati e dei governi; in definitiva della società nel suo complesso. Ma il problema com’è chiaro non è nella finanza o nella speculazione: è nei deficit di bilancio di democrazie che non sanno essere che democrazie della spesa. Come possono fare a non esserlo? A non esserlo, almeno, oltre una certa misura, a non essere solamente tali? C’è un’unica strada mi sembra: oggi difficile perfino a dirsi, ma probabilmente la sola possibile. Trovare alla democrazia nuovi contenuti. Contro l’unidimensionalità economicistica riscoprire la politica; allargarne lo spazio di nuovo, come fu un tempo, ai valori essenziali che ci preme salvaguardare, ai grandi problemi del modello di società che vogliamo. Contro il minimalismo pseudorealista riscoprire la politica e la capacità che essa deve avere di animare un dibattito pubblico con verità, senza chiacchiere utopiche, ma anche con capacità di visione e di mobilitazione ideale. Nei tempi duri, forse durissimi, che ci attendono, la sola speranza della democrazia è nella politica, in una politica siffatta. Solo con questa politica riusciremo, se ne saremo capaci, a fare sì che le nostre società non diventino una docile e invivibile appendice della Borsa”.

Al pari dell’esordio, anche per la sua seconda edizione, il “PFP” trova nelle recenti riflessioni di Ernesto Galli della Loggia la fonte principale alla quale attingere senso e motivazioni per una riproposizione. Senza cedere alle sirene dell’antipolitica dilagante, senza accodarsi all’ultima caccia a questo o quel privilegio esecrabile della casta, il festival tenta nuovamente di aprire uno spazio fisico di confronto e discussione verace tra la classe politica e le multiforme espressioni della società civile. La tanto declamata crisi della politica non è sempre e direttamente una crisi di partecipazione. Anzi, proprio in occasione delle ultime tornate elettorali di maggio e giugno (amministrative e referendarie) è stato invertito, contro tutte le previsioni della vigilia, quel trend astensionistico degli elettori. In questi due diversi momenti, infatti, la partecipazione diffusa e capillare ha rappresentato un elemento di assoluta novità che, prima ancora di capirne le ragioni di fondo, è il segno più marcato di una chiara domanda di “politica” da parte della società civile.
Una domanda che in un periodo di crisi – non solo finanziaria o economica – come quello che viviamo stranamente si acuisce e non si assottiglia.
Il tema trainante di questa seconda edizione è “Tutti per uno. Tutti contro tutti?