“La politica è in crisi. Viva la politica.”

Sant’Agata de’ Goti 1/ 4 settembre 2010
Auditorium ex cinema Italia

“Senza dubbio siamo un Paese che sente di essere nel mezzo di un passaggio assai difficile della sua storia. E sente di affrontare questo passaggio senza guida, abbandonato agli eventi, al giorno per giorno. Nessuno è in grado di dirgli qualcosa circa il futuro che lo aspetta, che ci aspetta. Nessuno vuole o sa parlare alla sua mente e al suo cuore. Nessuno è capace di indicargli una via e una speranza. Ma che cos’è questo se non il compito della politica? Ecco allora il vero cuore duro della nostra crisi.
Ciò di cui l’Italia è oggi drammaticamente e specialmente priva è la politica. Non riusciamo a farci una ragione del presente e a vedere come affrontare il futuro perché ci manca la politica. La quale nella sua accezione più vera non significa altro che un progetto per la città, un’idea del suo destino”.

La lucida analisi di Ernesto Galli della Loggia rappresenta forse, più di tanti studi socio-politici, la migliore sintesi alla quale affidare il compito di motivare la nascita del Piccolo Festival della Politica. La crisi della politica, espressa poi in termini di credibilità ed affidabilità – dei ruoli e delle competenze – delle classi dirigenti, si sostanzia nell’assenza di una reale tensione costruttiva. La politica non riesce a dare risposte programmatiche, al più, ha dato prova di poter gestire – con alterni risultati – l’emergenza, il contingente, il presente. Da più parti si denuncia lo smarrimento di un’intrinseca vocazione a progettare e disegnare un futuro prossimo: la politica è nuda, ha perso la sua mission perché teme o è consapevole di non avere più a disposizione i mezzi per fornire certezze alle nostre comunità.
Oppure, al contrario, c’è da pensare che il crescente richiamo ad una politica dei fatti e del fare più che una reazione alla politica delle parole inconcludenti nasconda in realtà l’incapacità di far sbocciare una nuova politica del pensiero e del pensare.
Nell’una o nell’altra ipotesi, però, è necessario andare alla verifica, è opportuno comprendere fino in fondo da dove, come e con chi ripartire. Ecco, sono queste le motivazioni che richiedono un confronto a più voci che ha come scopo quello di indagare e monitorare lo stato di salute della politica nostrana.

Ecco dunque, svelato anche il senso di un Festival dedicato alla politica: Festival inteso quale massima forma di comunicazione popolare e multipolare. Festival quale luogo privilegiato dove per entrare occorre abbandonare gli schematismi per esaltare le proprie appartenenze. Festival perché un giudizio conclusivo sulle proprie idee è lasciato esclusivamente al cittadino-pubblico.

Al tempo stesso, però, il Festival è volutamente piccolo.
In questo caso, l’aggettivo non vuole essere una diminutio del confronto ma intende, al contrario, rimarcare il livello primo con il quale la politica e i suoi attori devono relazionarsi, ovvero il singolo cittadino e la sua comunità. Quindi, quando parliamo di dimensione intendiamo sottolineare che il Festival vuole perseguire un rapporto frontale tra cittadini e attori politici.
Per certi aspetti, infatti, per misurare l’efficacia dell’agire politico occorre verificare, prim’ancora di rendicontare i risultati concreti, la capacità e la volontà di “dialogare e farsi comprendere” dal più semplice ed umile cittadino-elettore.
Sulla scorta di questa premessa, pertanto, si è pensato un progetto – laboratorio che potesse esaltare la pluralità delle posizioni politiche e la possibilità di esprimerle in un contenitore neutro.
Il tema trainante di questa prima edizione è “la politica è in crisi. Viva la politica”