Il primo anno dell’era Renziana è filato via liscio tra proclami di rinascita, scadenze quasi mai rispettate, una flebile ripresa economica e il mantra delle riforme possibili: dalla legge elettorale alla a quella della Carta Costituzionale.
“Sono 70 anni che stiamo aspettando la fine del bicameralismo paritario” – ha dichiarato il ministro Maria Elena Boschi e, di rimando il premier Matteo Renzi: “non per cattiveria, ma a chi dice state facendo troppo veloci rispondo: ma questa riforma è attesa da 70 anni”.
Eccola la l’Italia disegnata dalla Riforma fortemente voluta da Matteo Renzi, Dalla Repubblica fondata sulla rappresentanza affidata ai partiti e non solo, siamo passati alla Repubblica della rappresentazione di berlusconiana memoria per finire – come scrive Marco Damilano in “la Repubblica del selfie” a quella dell’autorappresentazione.
Una democrazia senza intermediari, governata direttamente da un popolo che ha trovato nella rete la sua forma di partecipazione elettiva, un popolo depositario di tutte le virtù contro una classe dirigente parassitaria e corrotta. È l’immagine che ci consegnano, nelle loro diverse incarnazioni, i populismi che oggi abitano l’Europa (e non solo). Siano essi partiti, movimenti o meri stili comunicativi, dobbiamo considerarli una componente patologica o fisiologica delle odierne democrazie (www.futuroalpresente.it).
E’ questo il terreno di cultura da indagare per capire e conoscere il ventre molle dell’Italia che ogni giorno tra speranze e illusioni si aggrappa ai due Matteo, Renzi e Salvini, rituitta le giaculatorie di Beppe Grillo o si rifugia, in attesa dei grandi ritorni, nelle nicchie di partiti oramai defunti.
Parte da qui la sesta edizione del Piccolo Festival della Politica per cercare di scrutare un orizzonte sempre più incerto.